Autrice, camminatrice e molto altro, l’ha scritto perfino sul suo CV: “Roberta Ferraris difficilmente si annoia”.
Dalla sua casa, un’antica cascina, nell’Alta Langa, immersa in prati, campi coltivati e boschi, Roberta ci racconta dei tanti chilometri percorsi a piedi, in ambienti severi, confrontandosi con i propri limiti e la fatica.
I cammini però non sono il suo unico interesse: disegna, cura il suo orto e scrive di cucina, tra i suoi titoli, “Pasta madre, lievito vivo”, “Una zucchina non fa primavera. Guida alla frutta e alla verdura (e non solo) di stagione” e “Verdura e frutta esotica. Se la conosci la cucini”, ma anche “Vado a vivere in campagna. Dieci regole per passare dal sogno alla realtà”, dove racconta la sua personale ricerca di un’armonia con la terra.
Un’autrice poliedrica ed eclettica, si direbbe! Roberta, raccontaci di te.
Il rischio per me è di disperdere le energie, che sono limitate, in mille rivoli di interessi e passioni.
Se dovessi fare un elenco numerato, per ordine di importanza, rispetto alle cose che faccio, metterei al primo posto il lavoro editoriale, perché da molti anni è l’attività che mi sostiene, pur nelle difficoltà di un settore in perenne crisi. La mia è una scrittura tecnica: scrivo guide turistiche ed escursionistiche. Mando le persone alla scoperta della bellezza nel nostro paese, sia a piedi, sia con altri mezzi, tra cui la bici e il treno (adoro i viaggi in treno). Ed è un lavoro certosino, talvolta poco creativo, ma che faccio con passione. Certo, la parte che preferisco non è certo quella delle troppe ore seduta a un computer. La parte più bella ed emozionante del mio lavoro è il sopralluogo, fatto molto spesso in solitaria. Non viaggio mai da turista vacanziera, per ‘staccare’. Viaggio con la consapevolezza che animava i protagonisti del grand tour, un’esperienza di formazione.
Poi c’è il mestiere di guida ambientale escursionistica e tour leader per gruppi internazionali. Un lavoro che è la conseguenza diretta di quello editoriale. Diciamo che ho accorciato la filiera, arrivando senza mediazioni all’utente finale delle guide che scrivo. Ho appreso molto da questa esperienza, e ne ha giovato anche il lavoro di scrittura.
Poi c’è il disegno, che pratico troppo poco, e sempre per la pubblicazione in ambito editoriale. Sento che dovrei impegnarmi di più su questo fronte, ma a volte davvero mancano tempo ed energie, soprattutto quando passo molte settimane in viaggio. E quando sono a casa – come ora, come tutti – ci tengo a passare qualche mezz’ora al giorno nell’orto, tra le mie piante, oppure in cucina, a sperimentare qualche ricetta. Non vorrei che passasse l’immagine di una persona che lavora sempre. Ogni tanto mi impegno anche in attività perfettamente inutili, di puro svago.
Disegno di Roberta Ferraris Roberta Ferraris in cammino
Focalizziamoci sull’esperienza da camminatrice. Quanti chilometri a piedi hai, alle spalle? Quando e perché hai deciso di partire la prima volta?
Nei momenti di maggiore impegno come guida, con la conduzione di 10 – 12 gruppi all’anno, ho calcolato circa 1500 km nelle gambe all’anno, che si sommano ai grandi viaggi fatti in passato, ognuno dei quali superava il migliaio di chilometri. Ma davvero non mi interessano i record, perché conta la qualità dei passi fatti, e non credo abbia senso camminare sempre e comunque. Andare a piedi è comunque la modalità di viaggio che preferisco, perché consente di raggiungere luoghi speciali ed esclusivi, e perché è un’esperienza di autonomia e libertà. Ho cominciato a camminare molto presto, nell’adolescenza, e sulle Alpi, dove camminare significa anche salire, faticare e affrontare ambienti severi, confrontandosi con i propri limiti e con una natura potente.
C’è un particolare racconto di qualcosa, avvenuto su un cammino tra i tanti che hai percorso, che vorresti condividere? Un aneddoto, un incontro, uno stato d’animo, un luogo.
Difficile scegliere perché di ogni viaggio conservo ricordi significativi. Andando indietro nel tempo, agli esordi, ho memoria vivida di un’escursione californiana, sulla catena montuosa che separa la baia di San Francisco dalla costa del Pacifico. Sono montagne davvero selvagge, e pur arrivando dalle Alpi, non avevo mai visto una foresta primaria, mai toccata dalle attività dell’uomo. Non c’erano nemmeno sentieri, ma procedevamo nel bosco di querce confidando nella conoscenza del luogo della nostra guida. Improvvisamente il bosco si aprì in una vasta radura di erbe alte. Dominava il centro di questo spazio una immensa quercia, la cui chioma era talmente grande che i rami più esterni toccavano il suolo. Avevo vent’anni, e per la prima volta ero al cospetto di una creatura antichissima, solenne. Stavo contemplando la Natura primigenia. Un’emozione che ho poi provato altre volte, per esempio lungo i tratti più selvaggi della costa sarda.
Parlaci della guida La Via Francigena (con Callegari e Frignani, terza edizione). Quali parti hai curato? Cosa diresti a chi vuole partire in bici?
Ecco, quando ho per la prima volta affrontato la Via Francigena – nel 2010, per la guida in bicicletta – ho scoperto un viaggio a piedi davvero diverso da quelli a cui ero abituata, e che privilegiavano gli ambienti naturali della montagna. La Via Francigena attraversa i luoghi della storia, una storia stratificata nei millenni. Il viaggio a piedi verso Roma, sulle orme dei pellegrini, mi ha offerto una visione del nostro paese più profonda, di totale immersione nel paesaggio rurale, di scoperta del patrimonio architettonico minore, di borghi e villaggi ignorati dal turismo. Il viaggio sulla Via Francigena è una narrazione che scava in profondità. Ci rimette in contatto con le nostre radici, e lo consiglierei a tutti, anche perché è facile, adatto anche ai non esperti. Per la guida ufficiale del percorso a piedi ho invece trattato la Via dal passo del Gran San Bernardo al passo della Cisa, quindi da Lucca a Montefiascone, ma conosco molto bene anche le parti affidate agli altri autori. A chi parte in bici consiglio di fare tappe brevi, e di dedicare tempo alla conoscenza dei luoghi. La Via Francigena non è il Giro d’Italia, non si vince niente andando veloci.
In uscita (il 21 maggio) “Sulle strade dei valdesi” (con R. Carnovalini), edizione aggiornata del Glorioso Rimpatrio, che conduce nelle valli piemontesi, dove tra l’altro risiedi. Parlaci di questo libro e dei luoghi dove vivi
La nuova edizione è stata arricchita di un nuovo itinerario, oltre a quello del “Glorioso Rimpatrio” (il percorso del ritorno in val Pellice dall’esilio di Ginevra della spedizione valdese, nel 1689). Le tre tappe aggiunte riguardano invece l’antefatto: si cammina da Bobbio Pellice a Villanova Piemonte, seguendo il percorso della popolazione deportata nel 1686. Quasi tutti gli abitanti furono infatti imprigionati nelle varie fortezze sabaude, prima dell’esilio verso i paesi protestanti del Nord Europa. Nella nuova edizione raccontiamo così tutta la vicenda delle persecuzioni subite dai valdesi nel XVII secolo, e del loro riscatto avvenuto con il Glorioso Rimpatrio. Con la guida si va alla scoperta soprattutto delle valli piemontesi dove i valdesi conservano memoria della loro vicenda nei tanti musei, nei templi, nelle scuole di paese. Un viaggio nella cultura di una delle più antiche denominazioni cristiane, ma allo stesso tempo un cammino nella natura, nello spettacolare scenario delle Alpi.
Presente e futuro prossimo. Un pensiero personale, dal tuo angolo di mondo.
Il mio angolo di mondo è un posto davvero speciale. Vivo in Piemonte, non sulle Alpi, dove sono nata, ma da quasi vent’anni in Alta Langa, in provincia di Cuneo. Vedo all’orizzonte le Alpi Marittime e Liguri, sento il vento che viene dal mare, ho intorno a me prati, campi coltivati e boschi. E qui voglio continuare il mio personale esperimento di sostenibilità e vita in armonia con la terra, che ho raccontato nel mio librino “Vado a vivere in campagna. Dieci regole per passare dal sogno alla realtà” (Terre di Mezzo, 2011).
La mia casa è una cascina antica, che sto in parte ristrutturando. Qui ho allevato capre per molti anni, oche, galline e asini, tanti gatti. L’evoluzione per il futuro più prossimo è quello di allestire la ricettività, dedicata agli amanti dell’aria aperta e del cammino. E su questo progetto ci siamo quasi: sarò operativa – quarantene permettendo – dai mesi estivi. La cascina ha anche molta terra: dallo scorso anno l’azienda agricola è nelle mani di un trentenne che ha messo in campo idee ed energie che io non potevo avere. Continuerò quella che è ormai la mia movimentata vita, fatta di partenze, lontananze, nostalgie e ritorni al porto sicuro di casa. Un alternarsi di sedentarietà e scrittura, interminabili viaggi su treni notturni, passi in salita con zaini più o meno pesanti. No, davvero, tempo per annoiarmi, non ne ho.
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