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Luoghi da non perdere sul Cammino Materano

Dietro al Cammino Materano ci sono storie personali, di fallimento e di successo, di cadute e di risalite. Storie comuni sotto molti aspetti, ma singolari per molti altri e perciò uniche e significative. Storie complesse, perché ogni progetto ha un prezzo in termini di scelte, di tempo, di vita privata.

Il progetto del Cammino Materano che attraversa luoghi dalla bellezza straordinaria è stato reso possibile da persone che si sono trovate di fronte a un bivio tra l’emarginazione e l’emigrazione, e tra queste due vie ne hanno scelta una terza. Angelofabio Attolico, Claudio Focarazzo e Lorenzo Lozito hanno realizzato un lavoro di gruppo, di visione collettiva dando vita a un itinerario culturale che è qualcosa di più proprio per la sua componente umana.

Quali sono i luoghi da scoprire a passo lento lungo questo incredibile cammino?

Bari

Bari è molto più di una città. È una porta, un ponte, un crocevia di popoli e genti di diversa provenienza e cultura, che da secoli qui si incontrano, si amalgamano e si contaminano, lasciando profonde tracce nell’architettura e negli usi e costumi della città, così come nella lingua dei suoi abitanti.
Sospesa tra Oriente e Occidente, tra antico e moderno, Bari lega il suo destino e il suo fascino al mare Adriatico, che la bagna e ne fa un porto ideale, punto d’arrivo e di partenza, transito naturale per ogni viaggiatore. Una città vivace, in continuo movimento e rinnovamento: “la vecchia Bari… cresce nuova e non muore mai” (Italo Calvino). Per il camminatore il capoluogo pugliese non è solo punto di partenza della Via Peuceta del Cammino, ma anche punto tappa della Via Traiana e della Via Francigena del Sud, collegamento tra Roma e Gerusalemme.

Una città ricca di tradizioni storiche, culturali e anche culinarie!

Le orecchiette, pasta tipica e caratteristica della Puglia, prendono il nome dalla loro forma, simile a quella di piccole orecchie. Si diffusero in Puglia tra il XII e il XIII secolo a partire dal capoluogo barese, dove ancora oggi restano uno dei primi piatti più amati e famosi. Fatte con farina di grano duro, acqua e sale, nel dialetto di Bari sono chiamate le strascenate, nome che nasce dal gesto utilizzato per dar forma alla pasta, che viene appunto strascinata sul piano di lavoro.
Un gesto e una tradizione che è possibile ammirare camminando nei vicoli della città vecchia dove alcune anziane signore, tra edicole votive e panni stesi, realizzano le orecchiette sull’uscio delle proprie case. Lavorano chine su ruvidi tavoli in legno colmi di panetti di semola di grano duro attirando la curiosità dei passanti, incantati dalle sapienti mani di queste donne e dai telai pieni di pasta fresca. Sono le cosiddette “signore delle orecchiette” e il loro regno si trova in strada Arco Basso, nei pressi del Castello Svevo: non solo produttrici e venditrici, queste autentiche matrone, sempre accoglienti e sorridenti, dispensano ai clienti preziosi consigli sulla preparazione dei piatti della tradizione.
A Bari le orecchiette vengono cotte principalmente con le cime di rapa, una verdura a foglia verde tipica del Sud Italia. Il tipo barese, con gambo duro e ricco di foglie, è un ortaggio molto gustoso il cui sapore leggermente amarognolo ben si sposa con quello delle acciughe, dell’aglio e del peperoncino che costituiscono gli ingredienti principali e tradizionali di questo capolavoro della “cucina povera”.

Cassano delle Murge

Sorge all’ingresso del Parco nazionale dell’Alta Murgia, a poca distanza dal polmone verde della Foresta di Mercadante. Le origini e il nome della città si fanno risalire all’epoca romana: Cassano deriverebbe infatti da casa Jani, cioè casa di Giano, per l’esistenza di un tempio in onore del dio, oppure da Cassianum, toponimo che indica l’appartenenza alla gens Cassia. Avvalorano l’origine romana della città la scoperta, all’interno del neoclassico palazzo Miani Perotti, di un mosaico appartenente a una domus, e l’impianto urbanistico ortogonale, tuttora ben visibile, convergente in quella che oggi è l’area occupata da piazza delle Quattro Colonne. Le antiche mura difensive cingono come in un abbraccio il centro storico, un dedalo di vicoli tortuosi, in un susseguirsi di gradini, saliscendi, casette, corti e case-torri, come quella in via San Giovanni. Nella città vecchia possiamo ammirare la chiesetta di Santa Maria dei Martiri, oggi sconsacrata, la cripta del Crocifisso e il campanile della chiesa Matrice, in stile romanico. Inoltre sono di interesse la torre civica con la sede municipale e due torri della cinta muraria medievale.

Da alcuni anni nel territorio di Cassano delle Murge è stata recuperata, grazie all’impegno dell’associazione FerventAzione e di Slow Food, una coltura antica e preziosa che ha rischiato di scomparire definitivamente, quella del cece nero liscio (e del suo cugino rosso): un delizioso
legume autoctono coltivato e consumato per secoli dai contadini murgiani per l’importante apporto proteico garantito. Il cece di Cassano è una varietà particolare che differisce da quello nero della Murgia carsica, caratterizzato invece da una buccia rugosa e irregolare, e dall’apice a forma di uncino.
Il consumo del cece nero di Cassano era legato, almeno fino agli anni ’60 del Novecento, alla penuria nelle diete dei contadini delle proteine animali a cui si sopperiva con le immancabili fave secche, le lenticchie, i ceci bianchi e neri. Si tratta di una varietà rustica che non necessita di particolari cure e di irrigazione; caratteristiche che gli hanno permesso di adattarsi bene all’ambiente dell’altopiano della Murgia, caratterizzato da terreni rocciosi e aridi, e di sviluppare di conseguenza, un’elevata resistenza a parassiti e a lunghi periodi di siccità. A distinguere questi ceci sono la forma tondeggiante, la polpa pastosa e l’intenso colore della superfice che si presenta liscia al tatto.

Gravina in Puglia

Gravina in Puglia si estende sulle sponde di un profondo crepaccio scavato nella roccia calcarea dal torrente omonimo nel corso dei millenni; e millenaria è la storia della città, tanto che i rinvenimenti archeologici, conservati presso il MUSEO DELLA FONDAZIONE ETTORE POMARICI SANTOMASI, ne datano le origini al Neolitico. A partire dall’Età del ferro (X secolo a.C.), è già attiva sulla collina di Botromagno, Sidion, uno dei maggiori centri della Peucezia. Con la conquista romana avvenuta nel 305 a.C., la città assume il nome Silvium divenendo un importante centro lungo la Via Appia. La distruzione della città da parte dei vandali di Genserico nel 456 d.C. induce gli abitanti a trasferirsi nelle cavità naturali che si aprono lungo la gravina; le grotte vengono ampliate e adattate alle più diverse funzioni abitative, produttive (stalle, magazzini, cisterne, cantine, frantoi e palmenti) e di culto.
Nel 1069 la città diventa feudo dei Normanni, che danno il via alla costruzione della BASILICA CONCATTEDRALE DI SANTA MARIA ASSUNTA. Federico II di Svevia definisce Gravina “giardino di delizie” e vi fa erigere un castello, del quale restano oggi dei ruderi. Il suo amore per la città è riportato persino sul gonfalone cittadino dove campeggia la scritta “Grana dat et vina” (offre grano e vino), motto attribuito allo stesso Stupor Mundi. Sotto gli Angioini la città vive un periodo di grande sviluppo economico: nel 1294 viene istituita la Fiera di San Giorgio, tra le più antiche d’Italia, che continua a svolgersi ogni anno. Con gli Aragonesi si inaugura un lungo periodo di notevole vitalità economica e culturale: la città si arricchisce di molti monumenti, tra cui l’imperdibile PONTE ACQUEDOTTO MADONNA DELLA STELLA. Nel 1650 Gravina dà i natali a Pietro Francesco Orsini che sarà elevato al soglio pontificio con il nome di papa Benedetto XIII. Prima di rimettersi in cammino, meritano una visita le CANTINE DI CAVATO SAN MARCO, una casa rupestre su tre livelli; il BASTIONE MEDIEVALE con terrazza panoramica sulla gravina e la BIBLIOTECA FINYA, una delle più antiche della Puglia, ricca di un patrimonio librario di oltre 11 mila volumi.

Matera

Matera è una città che ha saputo reinventarsi: sospesa tra cielo e terra è depositaria di una bellezza che per anni è rimasta nascosta e dimenticata, ma che oggi è tornata alla luce. Un universo da scoprire nelle sue grotte, da esplorare nei suoi stretti vicoli, da vivere nelle sue botteghe artigiane e nei suoi locali più tipici e tradizionali. Dall’oblio alla ribalta internazionale attraverso un processo che ha puntato tutto sull’identità del territorio.

Nel 1993 i Sassi di Matera vengono riconosciuti PATRIMONIO MONDIALE DELL’UMANITÀ DALL’UNESCO in quanto “paesaggio culturale”, primo sito dell’Italia meridionale a ottenere tale riconoscimento. È l’inizio di un processo di recupero, riqualificazione e valorizzazione in cui i vecchi rioni in tufo tornano a essere protagonisti della vita cittadina diventando il nucleo di una straordinaria rinascita che culmina il 17 ottobre 2014, giorno in cui Matera viene designata CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA 2019.

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    Terre di mezzo editore è una casa editrice fondata a Milano nel 1994.
    Pubblica ogni anno più di 100 titoli. Tra le collane principali ci sono: L’Acchiappastorie albi e narrativa per bambini e ragazzi, i Percorsi a piedi e in bicicletta, I Biplani, racconti di grandi autori illustrati da artisti di fama, i manuali creativi delle Ecofficine.
    I primi grandi bestseller sono stati la guida al cammino di Santiago de Compostela e La grande fabbrica delle parole, di Valeria Docampo.
    Negli ultimi anni ha portato in Italia le serie di Dory Fantasmagorica e Cane Puzzone, ha pubblicato più di 40 guide ai cammini italiani e ha dato alle stampe i testi di Paolo Cognetti e Erri De Luca impreziositi dalle illustrazioni di Alessandro Sanna, e di Wislawa Szymborska con Guido Scarabottolo, e Claudio Piersanti con Lorenzo Mattotti.

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