Si cammina per 250 chilometri in località stupende e ferite. Ferite dai terremoti che dal 2009 hanno colpito Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria.
Il “Cammino nelle terre mutate” “è un trekking solidale, che richiede attenzione e capacità di ascolto”, spiega Enrico Sgarella, presidente dell’associazione Movimento Tellurico e autore della guida Il Cammino nel le Terre Mutate. Come scrive nell’introduzione “occorre procedere in punta di scarponi” e saper accogliere “le storie di chi è rimasto in queste terre martoriate e prova a rialzarsi in piedi”.
L’itinerario, in 14 tappe da Fabriano a L’Aquila passando per Norcia, Accumoli e Amatrice, è nato dopo la “Lunga Marcia nelle terre del sisma” del 2017, organizzata da Movimento Tellurico, Federtrek e Associazione proletari escursionisti (Ape Roma) perché il dramma di chi ha vissuto la distruzione non venisse dimenticato. Oggi sono sempre di più le persone che decidono di percorrere quell’itinerario. “In pochi mesi abbiamo rilasciato oltre 100 credenziali -racconta Sgarella-. E la nostra soddisfazione nasce dal fatto che il cammino sta riuscendo a coinvolgere le persone di quei territori. Sono sempre di più coloro che decidono di ospitare i pellegrini o che si mettono a disposizione”.
Tra pochi giorni, inoltre, si terrà l’ottava edizione della Lunga Marcia. Si parte il 24 giugno da Fabriano e si arriva a L’Aquila il 7 luglio. “Il cammino fa’ sentire meno sole le persone che sono rimaste in quei territori e senza dubbio contribuisce anche a dare un contributo economico”, aggiunge Sgarella. E i camminatori tornano a casa arricchiti dalla bellezza e dalla tenacia della gente incontrata. Basta leggere i “diari” e i commenti postati sulla pagina Facebook del Cammino nelle terre mutate per rendersene conto. Come Emilio Petri, che ha fatto tutto il percorso in mountain-bike:
“Una resilienza infinita. Sempre tra sorrisi, disponibilità, dignità e perfino generosità verso chi attraversa anche solo per un giorno quel grande disagio”.
E ancora, così si esprime, sempre in un post, Franca Cossu:
“Non riesco a staccare il pensiero dal cammino appena fatto e ciò che non sono riuscita a godere lì perché troppo stanca o perché troppo intenso, mi si ripropone oggi e ho continuamente gli occhi umidi a ripensare alle persone, ai luoghi, alle situazioni. E vorrei fermare il tutto e conservarlo dentro di me con cura”.
Foto: Cristina Menghini