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Cognetti e il laboratorio delle storie

Ha senso frequentare un corso di scrittura creativa? L’abbiamo chiesto a Paolo Cognetti. 

Secondo te è possibile insegnare a scrivere? Se sì, che cosa?
Forse sarebbe meglio chiederci: si può insegnare a fare arte? O al contrario: perché insegniamo a dipingere, a suonare, a recitare, e dubitiamo che si possa insegnare a scrivere, come se lo scrittore dovesse essere l’unico artista autodidatta?
Naturalmente, la scrittura non è solo una tecnica. Dunque non è come insegnare a nuotare o a guidare la macchina. Ma scrivere richiede strumenti che possono essere trasmessi, o almeno perfezionati: prima di tutto saper leggere bene, cioè capire come funzionano le storie che leggiamo. Imparare a riconoscere i modelli che possiamo utilizzare scrivendo.
E poi avere a disposizione un ambiente ricettivo e uno sguardo critico, onesto e competente sul nostro lavoro. Non è poco, non ti pare? Diverso è chiedersi se tutto questo basti per fare uno scrittore. Credo di no, così come non basterebbe per un musicista o un pittore. Per fare un artista servono qualità personali – esperienza, cultura, sensibilità, intelligenza, tenacia, abitudine all’immaginazione – che provengono dalla storia di ciascuno, e che a volte, mistificando, riuniamo sotto il nome di “talento”.

Di recente, presso il circolo Arci La Scighera di Milano hai avviato un laboratorio di scrittura, che è cosa ben diversa da una scuola o da un corso. Perché? E qual è l’idea che sta alla base di questa esperienza? Quali gli obiettivi?
L’idea è quella di mettere a disposizione dell’allievo un ambiente di lavoro. Le nostre non sono lezioni ma incontri, in cui ciascuno porta i suoi testi e li confronta con gli altri. Il mio ruolo è quello di ascoltare, analizzare, identificare i problemi e i punti di forza di una storia, proporre alternative e possibili sviluppi, con tutta l’intelligenza di cui sono capace, e con l’esperienza che viene dal mio lavoro di scrittore. Dimenticavo di dire che il laboratorio è incentrato sul racconto breve. Non scriviamo romanzi né poesie né saggi, ma racconti di narrativa, perché è la forma che conosco meglio e su cui sento di avere delle cose da dire. Il laboratorio dura tutto l’anno. È importante che non finisca dopo qualche lezione, come succede di solito. Per usare un’altra immagine, è come se uno amasse correre, e volesse migliorarsi nella corsa, ma vivesse in città e non riuscisse a organizzarsi tra il lavoro, la famiglia e tutto il resto, e di fondo fosse una persona pigra e insicura come tutti noi. Allora io gli metto a disposizione un campo sportivo, un calendario da seguire, dei compagni con cui condividere la fatica e me stesso come allenatore, e la certezza che, se ti piace, puoi andare avanti quanto vuoi. Abbiamo anche grandi bottiglioni di vino, e una piccola biblioteca.

Cosa consigli a chi stia iniziando a scrivere? Quando hai iniziato tu, come ti sei mosso?
Leggere tantissimo. È sempre un brutto colpo incontrare qualcuno che vuole scrivere ma legge poco. Trovare i propri scrittori preferiti, e cercare di imitarli. Darsi una disciplina, scrivere tutti i giorni, prepararsi a farlo per anni senza ottenere molto. È normale. Bisogna sviluppare un senso critico, arrivare a possedere uno sguardo lucido sul proprio lavoro, riuscire a buttar via i tentativi falliti. Non ho mai letto inediti di valore che prima o poi non abbiano raggiunto la pubblicazione: perciò abbandoniamo l’idea che l’ambiente editoriale sia mafioso, inaccessibile, che sia necessario pagare tanto o essere amici di qualcuno per venire pubblicati. Se scrivete un buon libro, e lo mandate ai tanti bravi piccoli editori sparsi in giro per l’Italia, qualcuno si accorgerà di voi. C’è molta fame di buona letteratura.
Io mi sono mosso così. Ho cominciato a scrivere racconti verso la fine del liceo; dopo sette anni mi è sembrato di averne messi via tre o quattro di buoni; li ho portati al mio editore preferito, che li ha letti e ha deciso di pubblicarli. Sembra una favola della buonanotte, invece è andata proprio così.

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  • Terre di mezzo

    Terre di mezzo editore è una casa editrice fondata a Milano nel 1994.
    Pubblica ogni anno più di 100 titoli. Tra le collane principali ci sono: L’Acchiappastorie albi e narrativa per bambini e ragazzi, i Percorsi a piedi e in bicicletta, I Biplani, racconti di grandi autori illustrati da artisti di fama, i manuali creativi delle Ecofficine.
    I primi grandi bestseller sono stati la guida al cammino di Santiago de Compostela e La grande fabbrica delle parole, di Valeria Docampo.
    Negli ultimi anni ha portato in Italia le serie di Dory Fantasmagorica e Cane Puzzone, ha pubblicato più di 40 guide ai cammini italiani e ha dato alle stampe i testi di Paolo Cognetti e Erri De Luca impreziositi dalle illustrazioni di Alessandro Sanna, e di Wislawa Szymborska con Guido Scarabottolo, e Claudio Piersanti con Lorenzo Mattotti.

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