Il 14 dicembre 2022 cade il centenario dalla nascita di Luciano Bianciardi, uno degli intellettuali irregolari, difficilmente incasellabile, della letteratura italiana del Novecento. Per celebrare questo grande scrittore e traduttore, nella nuova collana di narrativa illustrata I Biplani abbiamo pubblicato un suo racconto: Adorno.
Scritto a Milano nel 1963, appena un anno dopo La vita agra, il romanzo di maggior successo di Bianciardi, questo testo è una piccola perla. La lingua nobile e limpida dell’autore ci riporta nella Grosseto di quando era ragazzo.
Quando avevo dodici anni la mia città, piccola sempre, era più piccola ancora, e stava quasi tutta dentro le vecchie mura, costruite chissà quando dai caporioni di Santa Fiora, gli Aldobrandeschi.
“Uscendo dalla Porta Vecchia imboccavi una strada polverosa che portava fino all’Ombrone, il più bel fiume del mondo, se non ricordo male.”
L’Adorno del titolo è il capo di una banda di ragazzini dai nomi truci (Arronzabussoli, Picchiadiavoli, il Sordo…) che un sabato pomeriggio si scontra con la banda della strada appena fuori le mura, via Tripoli, per il controllo della fortezza. La voce narrante è quella di Diaccino che, per quanto mingherlino, è il braccio destro del capo, perché è l’unico che va ancora a scuola.
Di soprannome mi chiamavano Diaccino, perché ero un po’ goffo, parlavo poco e mi entusiasmavo di rado.
Tra questi ragazzini l’onore ha un peso specifico importante.
Otello era forte e leale, la sua parola valeva almeno quanto la parola di Adorno, il capo nostro da sempre, indiscusso.
E la battaglia è seria.
Sabato, se date retta a me, si bucano più teste di tripolini che palloncini al tiro a segno. E voglio vedere se ci restano, al boschetto.
In queste pagine vivaci, Bianciardi, scrittore anarchico estremamente critico verso la trappola del boom economico del dopoguerra, lascia trasparire una certa malinconia per i tempi di quando era ragazzo. Allora i diverbi si risolvevano sì a sassate, ma il concetto di giustizia era molto chiaro e non negoziabile, e si accompagnava a una rara sensibilità e a una solidarietà verso chi ha fame che non si fermava neanche davanti alla rabbia per essere stati traditi.

L’avvincente racconto, che ricorda le atmosfere di I ragazzi della via Pál, di Ferenc Molnár, è accompagnato dalle coloratissime illustrazioni di Lucio Schiavon, che interpretano perfettamente il dinamismo e la genuinità delle parole dell’autore.
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