Ha senso fare teatro nelle carceri italiane, sovraffollate, in cui c’è una carenza cronica di personale e un aumento dei suicidi? È possibile rispondere all’emarginazione e all’isolamento con la fantasia e l’immaginazione? A queste e altre domande risponde “Destini Incrociati” la prima edizione della rassegna nazionale di Teatro in Carcere, che si terrà dal 20 al 23 giugno in Toscana in diverse “location”: le case circondariali di Sollicciano e Prato, il Teatro delle Arti di Lastra a Signa e il cinema Odeon di Firenze.
L’iniziativa è realizzata dal Coordinamento nazionale Teatro in Carcere, (nato ad Urbania nel 2011, raccoglie trentacinque compagnie della penisola) e dal Teatro Popolare d’Arte col sostegno della Regione Toscana, che da circa quindici anni investe su questo tipo di esperienze. Ricchissimo il programma, con oltre trenta appuntamenti tra spettacoli, video, mostre e convegni, tutti ad ingresso gratuito. Ha il patrocinio dei ministeri della Giustizia e e dei Beni Culturali e si avvale della collaborazione di Fondazione sistema Toscana. “Ci sembrava giusto documentare le esperienze di teatro in carcere che, da almeno trent’anni, hanno trovato cittadinanza negli istituti di pena italiani, con creazioni spesso originali e che intrecciano vite, persone, istituzioni”, ricorda Vito Minoia, presidente del Coordinamento e direttore artistico della rassegna insieme ai critici teatrali Valeria Ottolenghi e Gianfranco Capitta, oltre al filosofo Sergio Givone, neo Assessore alla Cultura del Comune di Firenze.
È un’occasione per raccontare dal vero quei “destini incrociati” che l’arte scenica riesce a collegare, quasi con casualità, come nel romanzo di Italo Calvino, creando occasioni di recupero alla socialità, di redenzione e vera e propria “rinascita” per giovani e anziani reclusi. Tra gli spettacoli in programma, da segnalare sicuramente il Teatro Libero di Rebibbia di Roma (già protagonista del film dei Fratelli Taviani “Cesare deve morire”) e l’Accademia della Follia di Trieste, due tra le esperienze più longeve a livello nazionale. Nella sezione video, invece, i lavori provenienti dal carcere minorile Malaspina di Palermo e dal Beccaria di Milano. Per informazioni: www.intoscana.it/teatroincarcere e www.tparte.it.
In Italia un carcere su due può vantare una compagnia teatrale o un gruppo musicale composto da detenuti. Sono infatti 106 su un totale di 206 istituti penitenziari. Teatro e musica dietro le sbarre esistono almeno da trent’anni e sono sempre di più gli operatori e gli esperti che riconoscono la validità di questa esperienza che fonde valori sociali, artisti ed umani. Nel 2011 è nato il “Coordinamento Nazionale Teatro in Carcere”.
Un fenomeno ampio, unico nella realtà europea per la sua diffusione, eppure allo stesso tempo poco visibile alla società civile. Espressione di quella visione che crede anche attraverso il sostegno al teatro ad un carcere rieducativo e non meramente esecutivo della pena. “Circa ottanta compagnie teatrali trovano finanziamenti solo grazie agli enti locali”, afferma Vito Minonia, presidente del Coordinamento-. Lavorano su progetti socio-culturali legati al territorio, basandosi soprattutto sul volontariato”.
Le compagnie teatrali in carcere sopravvivono con grandi difficoltà di ordine economico, sia per i continui tagli ai bilanci di Stato e amministrazioni locali sia per le condizioni di sovraffollamento delle carceri italiane. A cui si aggiungono gli imprevisti giornalieri di un attività teatrale “fuori dagli schemi” che pur sostenuta dal Ministero della Giustizia, cozza con le norme di sicurezza che, a volte, impediscono l’uscita degli attori-detenuti all’esterno. Regole che valgono anche per il pubblico, che deve mettere in conto, per tempo, prenotazioni e accurati controlli documenti per vedere uno spettacolo dietro le sbarre “Per questo, durante “Destini Incrociati” oltre la visione all’interno delle Case Circondariali, abbiamo voluto creare un ponte tra dentro e fuori il carcere, appoggiandoci al Teatro delle Arti di Lastra a Signa, almeno per le compagnie che hanno ottenuto i permessi di uscita dal giudice di sorveglianza di turno”.
Testo: Rosy Battaglia, per Redattore Sociale