L’8 aprile del 1994 Jean Paul, 10 anni, dovette scappare con la sua famiglia tutsi: “Lasciammo il cibo ancora caldo nei piatti”. Oggi vive in Italia ed è sposato con Marie Luise, hutu. Nel suo libro-diario Nonostante la paura il racconto del genocidio, ma anche di una stupenda storia d’amore.
Era l’ora di pranzo ed eravamo tutti a tavola. Fuggimmo lasciando il cibo ancora caldo nei piatti. Fu l’ultima volta che vidi mio padre
È l’8 aprile del 1994 e Jean Paul Habimana è un bambino di dieci anni: da quel momento la sua vita cambia. Di famiglia tutsi, per cento giorni ha dovuto scappare, nascondersi, patire la fame, vedere con i propri occhi uomini, donne e bambini uccisi e fatti a pezzi dagli hutu.
A distanza di 27 anni, ha raccontato tutto quello che ha vissuto in un libro, Nonostante la paura (Terre di mezzo Editore, collana Archivio Diaristico). È il diario del genocidio in Ruanda, che ha causato un milione di vittime, visto con gli occhi di un bambino. “Sono ricordi che sono affiorati man mano che i miei studenti mi chiedevano informazioni sul mio Paese e sulle mie origini”, racconta.
Oggi Jean Paul è un insegnante di religione a Milano. Ed è sposato con Marie Luise, che appartiene a una famiglia hutu.” Questo libro è anche una stupenda storia di amore -scrive nella prefazione Luciano Scalettari, giornalista di Famiglia Cristiana-. Dopo il genocidio, hutu e tutsi non si potevano amare, né tanto meno sposare. Era unire la propria vita al nemico”. Ma Jean Paul e Marie Luise sono andati oltre, nonostante l’opposizione e la titubanza iniziale delle loro rispettive famiglie. “Stando qui in Italia, mentre ero studente, mi sono reso conto che non potevo rinunciare a Marie Luise per colpa dell’odio tra le etnie”.
“Ogni anno in aprile con i ragazzi di quinta superiore della mia scuola organizzo una giornata di ricordo del genocidio -sottolinea Jean Paul-. Lo faccio perché il dramma del Ruanda non riguarda solo i ruandesi. L’odio può essere presente in qualsiasi società. E dobbiamo imparare a riconoscerlo quando dà i primi segnali. Siamo arrivati al genocidio non per caso”.
Nel suo diario, Jean Paul racconta anche il processo di riconciliazione avvenuto dopo il genocidio: “è un cammino che non si è ancora concluso, ma certamente molto si è fatto”. E nel suo scritto offre anche storie di coraggio e solidarietà. Come quella di Maria e Silas, coniugi hutu che hanno nascosto, aiutato e protetto almeno una cinquantina di tutsi, tra i quali lo stesso Jean Paul. “Dopo alcuni anni siamo andati in molti a ringraziarli -sottolinea- E ho cercato di ricostruire l’elenco delle persone da loro aiutate, proprio per evidenziare quanto bene hanno fatto. Il ricordo e la memoria di quanto accaduto deve servire per guardare avanti”.
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