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Intervista a Luciano De Lorenzi

a cura di Girumin

Ci sono molti modi di viaggiare, io credo sempre che si possa viaggiare nel “dove”, ma si possa anche viaggiare nel “come”.

A me piace molto viaggiare nel “come”, magari non ci riesco bene e forse ci riesco poco, ma è un’idea che mi coinvolge. Luciano è uno che viaggia molto nel “come”.

Luciano è un ciclista. No, Luciano non è un ciclista, è un inventore.

No, non è un inventore. No, non è solo un inventore è di più!

Luciano è una di quelle persone che non si arrendono facilmente, è uno sanguigno, uno di quelli che continuano a combattere e a trovare nuove strade e nuove soluzioni.

È uno che conosce la tecnica, che non compra l’ultimo modello di telefono ultratecnologico perché va di moda, ma è uno che quando ha fra le mani qualcosa in cui passano dei bit dopo pochi giorni ne conosce tutto il funzionamento.

Uno di quelli che quando possiedono un oggetto tecnologico non si limitano ad imparare a usarlo, studiano come funziona, due approcci ben diversi fra loro.

Luciano negli ultimi anni si è dedicato molto alle bici reclinate, bici che in Italia si trovano poco e quando una cosa non si trova… si inventa e si realizza!

Non ci credete? Sentite un po’ cos’ha da raccontare.

Luciano, negli ultimi anni hai realizzato delle bici particolari, come ti è venuta l’idea di realizzare delle bici reclinate? 

Una dozzina di anni fa, in seguito a un’emorragia cerebrale, mi sono trovato con un braccio e un piede paralizzati, non ero quindi più in grado di andare in bici.

Ho cercato una modalità che mi consentisse di muovermi: la soluzione era un triciclo reclinato.

Già anni prima avevo fatto un progettino di massima e allora mi sono immerso in internet per studiare. Essendo diventato mancino ho anche imparato a disegnare con il computer.

Con alcuni mesi di studio mi sono fatto una cultura su alcuni degli standard “assurdi” che ci sono in campo ciclistico, ho visto cosa era già stato fatto e ho trovato il modo di concentrare tutti i comandi in un joystick.

Costruirmelo o modificarlo dopo averlo comprato?

Sono sempre stato un aeromodellista e un trafficone abituato a costruire le cose con le mie mani, quindi la risposta era facile: costruirlo!

I trike sono fatti per persone senza disabilità e per adattarlo a me ci sarebbe stato da lavorare un po’.

Il fatto di poter lavorare con una sola mano, di dover costruire sul balcone e sul tavolo da cucina non mi spaventavano assolutamente.

Non mi spaventava neppure la possibile reazione di mia moglie che si è vista trasformare la casa in un’officina, è una donna magnifica.

Mi è sempre stata di grande aiuto anche nella realizzazione pratica.

Così è nata ADY, se volete vedere come è andata visitate il sito

http://delorenzi.altervista.org/Y-realizzf.html.

Quante bici hai realizzato?

Finora tre.

Prima ho completato ADY, l’ho chiamata così in onore di mia moglie Adele.

ADY è un trike con due ruote anteriori e la “motrice” posteriore. Poi mi è passata per la testa un’assurdità con la “motrice” anteriore mossa da pedali lineari, come quelli delle macchinine per bambini, e le ruote posteriori sterzanti.

È stata una sfida con molte incognite, non credo che ci siano più di un paio di realizzazioni simili al mondo.

Dopo cinque anni di esperienza mi sono reso conto che ADY poteva essere migliorata, è quindi stata la volta di un nuovo progetto: ADY-2.

Un nuovo trike nato recuperando quanto di buono c’era in ADY ricostruendo però tutto il telaio.

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Come hai fatto a progettarle e a realizzarle? Hai studiato tutto tu? Hai trovato dei progetti?

Internet è un pozzo senza fondo, si trova tutto, dalle informazioni ai progetti, ma va usato con attenzione.

Io avevo le mie idee, che spesso non corrispondono con quel che si trova già fatto, mi sono quindi immaginato la bici che volevo realizzare, l’ho poi disegnata dopo averla pensata fin nei più piccoli dettagli.

Non mi ha aiutato nessuno. Un giorno un ciclista al quale ho chiesto se aveva un pezzo particolare, perché volevo costruirmi un triciclo reclinato, mi ha guardato e ha osservato la mia mano paralizzata con un’aria di compatimento, sembrava pensasse che oltre all’handicap fisico fossi anche fuori di testa: fine dei miei rapporti con i ciclisti.

Ho poi ho scoperto un sito internet sulle reclinate “bicireclinateitalia” sul quale ci scambiamo informazioni.

Un progetto come il tuo non è certo facile, sei riuscito a progettare tutto a tavolino prima della realizzazione pratica oppure ti sei anche trovato a provare e riprovare prima di arrivare alla soluzione finale?

Ti è mai capitato che dopo aver progettato qualcosa non funzionasse come speravi oppure ti rendessi conto che si poteva fare meglio?

I tricicli reclinati da turismo ADY e ADY-2 non hanno avuto problemi.

Il primo però aveva uno strano sistema di trasmissione con tre cambi, perché ero partito a realizzarlo da una bicicletta da ragazzo, con la ruota da 24 pollici, che imponeva un cambio posteriore con solo sette rapporti.

La reclinata ha i pedali posti molto in avanti, la catena non può quindi arrivare direttamente alla ruota posteriore come in una bici normale, spesso serve un’ulteriore corona in mezzo.

Con il telaio della bici da ragazzo non era semplice posizionare sulla corona il deragliatore anteriore come in una normale bici.

Usando due diversi gruppi di corone con i relativi deragliatori ho potuto ottenere una variazione di velocità uguale a quella di una mountain bike.

Uno dei motivi per cui ho voluto riprogettarla è stato per eliminare un complicato giro della catena.

Forse è complicato da chiarire in poche parole, ma chi è interessato può farsi un’idea più precisa visitando il mio sito.

ADY-2 ha inoltre una diversa distribuzione dei pesi per una migliore marcia in fuoristrada.

Invece il trike ADI, quello strano, essendo uno studio un po’ assurdo con lo sterzo sulle ruote posteriori, mi ha dato dei grattacapi.

Bisogna partire dal fatto che una bicicletta con lo sterzo posteriore è inguidabile.

In una bici normale le leggi della fisica, che la rendono così facile da guidare tanto da poterci andare senza mani, in una bici con lo sterzo posteriore, ne determinano l’inguidabilità.

Un triciclo è avvantaggiato in quanto non si inclina lateralmente.

Ho dovuto modificare due volte la geometria dello sterzo fino ad arrivare a qualcosa che avesse una stabilità direzionale e che fosse guidabile.

Il problema era una forte sensibilità dello sterzo che derivava dalla necessità di far quadrare quelle famose leggi fisiche, ma l’introduzione di un artificio ha risolto anche questo inconveniente.

In pratica ho elaborato una camma che rende più stabile la guida sul rettilineo.ADY-2 c

Dove usi le bici? In quali occasioni?

Non faccio molti chilometri all’anno, non ho più la patente e uso quindi la bici principalmente per essere autonomo in città, per passare una giornata all’aperto, per incontrare gli amici nei paesi vicini.

Per fare la spesa il trike è perfetto!

Sei strano, ma ti rispettano più di quanto facciano con una bici normale. 

Hai viaggiato con una reclinata?

Il primo è stato un giro di quattro giorni attorno al lago delle cicogne in Austria.

Il secondo è stato molto più lungo, un viaggio di quasi mille chilometri a passo d’uomo sulla Via Francigena, nel tratto da Canterbury a Montreux.

Mia moglie e un mio amico a piedi, io sdraiato su di una reclinata che, con il bagaglio, arrivava a pesare 50 kg.

Adele, mia moglie, aveva già percorso il cammino di Santiago e quello di San Francesco, dalla Toscana alle Puglie.

L’intera Francigena, da Canterbury a Roma, in due tappe, era in progetto.

Come lasciarsi scappare tale occasione?

ADY-2 era pronta.

Io dico che è un SUV fatto per il fuoristrada, è in grado di portare un gran carico, è agile, è può essere lento e comodo.

Francia e Svizzera erano percorribili. Ci sono voluti quaranta giorni con tratte di 25-40 km, ma con salite molto impegnative per me, anche per via del carico.

Come hai fatto a far arrivare la bici a Cantebury?

Far arrivare la bici a Canterbury era quasi impossibile per cui ho ripiegato su Calais.

La settimana precedente alla partenza mia moglie ha portato me e ADY-2 fino a un ostello dove abbiamo lasciato la bici ad aspettarci.

Siamo quindi partiti da Milano in aereo per arrivare poi Canterbury in taxi.

Da lì è cominciato il cammino, il primo tratto io l’ho percorso in treno perché il mio piede fuori uso non mi permette di fare troppi chilometri. Dopo il traghetto il cammino è iniziato anche per me.

Tempo fa una bici ti è stata rubata, ci puoi raccontare come sono andate le cose?

Un anno fa, ero in montagna nel periodo di Natale, mi avvisarono che la mia bici era stata rubata ed era stata vista per strada.

Era quella che io chiamo ADI, la pazza, quella stranissima, che assomiglia vagamente a una handbike. Ho presentato la denuncia e pubblicato in internet i dati per riconoscerla, ma l’avevo già data per persa.

Rubare una bici unica al mondo o un elefante bianco sono, più o meno, la stessa cosa, l’unica possibilità era smontarla per vendere i componenti, non era certo possibile andarci in giro.

Una signora, che non conosco, ha visto quella cosa strana seminascosta in un cespuglio e ha avvertito i Carabinieri.

Grazie a lei, sei mesi di lavoro, tutto il tempo dedicato al progetto e la componentistica sono tornati a casa. ADY e ADI ancora insieme!

Hai nuovi progetti?

Conto di percorrere la seconda parte della Francigena, da Aosta a Roma.

Ho quindi deciso di motorizzare la bici, di realizzare la pedalata assistita, anche perché nel frattempo sono stato operato al cuore. Per gli anni futuri probabilmente faremo dei giri, anche di alcuni giorni, Adele ed io. Magari però scopriremo qualche altro cammino da percorrere a piedi. ADY-2 b

Hai pubblicato foto e progetti in internet, non si tratta però di costruzioni facili da realizzare. Che consigli puoi dare a chi vuole provarci? Quali sono le maggiori difficoltà che deve tenere in considerazione chi vuole adottare i tuoi progetti?

La costruzione è giustificata solo in alcuni casi.

Quando si hanno esigenze speciali come nel mio caso, se si vuole sperimentare qualcosa di nuovo o per la soddisfazione di aver realizzato da soli una cosa con la quale si vivrà assieme.

La difficoltà maggiore è il progetto che è molto più problematico rispetto a quello che potrebbe essere per una bicicletta tradizionale.

Far convivere lo sterzo, i cambi, il sedile e la lunga catena in un telaio è un vero gioco di incastri, dove piccole variazioni possono portare a un fallimento.

Un’altro problema sono gli standard ciclistici, le dimensioni e le filettature possono essere inglesi, francesi, italiane e si trascinano da cent’anni con novità continue.

La realizzazione richiede una buona capacità meccanica e fantasia per trovare la soluzione ai piccoli problemi. Lavorando in casa, senza un’officina e un tornio, bisogna arrangiarsi con pochi attrezzi.

A saldare con la fiamma ossidrica si può imparare, un trapano e una mola angolare, chiamata “flessibile”, sono indispensabili, anche alcuni attrezzi specifici da ciclista sono obbligatori.

Se me le sono costruite io, che posso lavorare con una sola mano, lo può fare chiunque.

In rari casi ho chiesto una mano a mia moglie, per esempio per tenermi le bacchette durante la saldobrasatura. Grazie Adele.

Quali sono le maggiori difficoltà che hai incontrato nel reperire i materiali? Hai usato dei materiali di recupero?

Sì, alcuni materiali devono essere di recupero perché sono praticamente introvabili in commercio in piccole quantità. Qualcosa si può recuperare da altre bici per risparmiare un po’.

All’inizio ho comprato al supermercato una bicicletta da 50 € dalla quale ho recuperato parte del telaio, ma ho poi dovuto buttare la componentistica perché era indecente, quella che ho usato si è rotta.

Le realizzazioni successive sono basate su materiali seri anche se non di alta gamma. Ho comprato molto in internet, anche dall’Inghilterra.

La spesa è comunque piuttosto elevata, da questo punto di vista forse conviene acquistare una bici già fatta e finita, ma nel mio caso non era possibile.

Chi desse priorità al prezzo dovrebbe farsi un progetto fatto ad hoc riducendo le complessità, recuperando parti da bici da eliminare e accontentandosi di prestazioni inferiori.

Quindi hai anche imparato a realizzare un sito per divulgare i tuoi progetti?

Ritengo che le recumbent debbano essere conosciute anche se il mondo delle biciclette le ha osteggiate, il mondo delle corse le ha messe fuori legge tanti anni fa e i produttori dovrebbero intraprendere nuove linee di produzione, quindi ho fatto del mio meglio.

Ho creato un sito internet in cui espongo, in maniera molto fotografica, la nascita e i dettagli delle mie realizzazioni.

Non ho presentato i piani di costruzione ma ho voluto presentare le mie idee e i miei modi di costruire per sviluppare l’inventiva di chi legge.

Ho imparato a programmare in HTML e usare un programma basico e adesso sono arrivato ad avere un sito abbastanza grande. Non ho molte visite, ma sono venuti a vederlo da 85 diverse nazioni.

Il mio sito è http://delorenzi.altervista.org/

I tratti inglese e francese della Via Francigena sono meno organizzati come Vie di pellegrinaggio rispetto al tratto italiano.ADY-2 a

Che documentazione avete usato?

Come vi siete trovati?

Come vi siete organizzati per l’ospitalità?

Abbiamo usato una guida, ma soprattutto riferimenti trovati in internet e nonostante tutto abbiamo avuto dei contrattempi.

Soprattutto grossi problemi con l’ospitalità perché, anche se cercati precedentemente in rete, molti luoghi si sono dimostrati inesistenti.Internet è un cimitero, quello che entra poi non esce più.

Alcuni percorsi segnalati per bici si perdevano fra i campi.

Il mio trike è largo 95 cm, ma anche una bici da cicloturismo con le borse cariche non ce l’avrebbe fatta a proseguire.

La parte della Francia che si attraversa è spessissimo fatta da piccoli paesi senza un bar e una panetteria. Cercavamo i posti per la notte diversi giorni prima, abbiamo dovuto cambiare più volte le ipotesi di percorso.

Anche se è molto poco nello spirito dell’avventura il trike era dotato di navigatore satellitare che ci ha permesso di cercare dalle strade alternative.

Se non si è in possesso di un mucchio di cartine il GPS è l’unica soluzione.

Quando il primo navigatore è annegato, durante un diluvio, prima di trovare una città dove comperarne un altro abbiamo avuto problemi.

Il guaio è che il navigatore non segna l’altimetria e mi sono trovato a fare salite impossibili, però più corte, non vi dico quanti accidenti gli ho tirato.

Per la seconda parte da Aosta a Roma sto cercando in internet i posti per la notte per organizzare le tappe in anticipo, ma intendo contattarli telefonicamente prima per verificare che siano aperti.

In Francia quasi tutti gli ostelli sono stati chiusi per mancanza di adeguamento alle leggi sulla sicurezza.

In un lungo percorso come la Francigena che avete seguito voi temo che non ci siano molte piste ciclabili, strade secondarie poco trafficate o strade bianche.

Come siete riusciti a muovervi in due persone a piedi e con un mezzo lento e ingombrante come un trike?

Effettivamente le piste ciclabili in Francia sono pochissime, se ne trovano però molte in Svizzera.

Le stradine sono spesso trafficate e percorse da molti camion. Molte volte sono lunghi tratti senza paesi o paesini, ragion per cui i camion non impiegano molto tempo in più se percorrono le strade secondarie al posto delle autostrade e lo fanno con grande risparmio.

Un giorno, fidandoci del navigatore, siamo entrati nella parte sinistra di un tratto di strada con le carreggiate separate dallo spartitraffico e abbiamo proseguito all’esterno della riga gialla, sperando di poter poi attraversare.

Problema: era una superstrada senza uscite!

Veramente un’uscita c’è stata, ci ha bloccati una pattuglia della stradale che ha fatto arrivare un camioncino sul quale ci hanno caricati a pagamento.

Ci hanno portati al punto di partenza e gentilmente ci hanno indicato la lunghissima strada alternativa!

C’è di buono che non ci hanno dato anche una multa, anche perché erano ammirati dal fatto che stessimo arrivando dall’Inghilterra.

Anche per il tratto italiano, che sto preparando su Google Earth, devo trovare percorsi adatti a me a al trike, dovrò evitare i tratti su strade trafficate, ma anche quelli su sentiero o sterrato al bordo dei campi. Cercherò delle varianti.

Purtroppo nessuno pensa più che si possa anche andare a piedi o in bicicletta, se non hai un’auto non ci sono strade alternative.

In Italia la bici reclinata è poco diffusa, non se ne vedono in giro.

Tu hai realizzato modelli che ti consentono di muoverti anche con una disabilità, soprattutto grazie alle tre ruote che tengono il mezzo in equilibrio da solo, questa cosa può essere di grande aiuto ad altri con difficoltà.

Cosa ci puoi dire delle caratteristiche di una bici reclinata.

Come la valuti paragonandola con una bici tradizionale? È vero che offre maggior prestazioni?

È vero che grazie alla sua forma le forze di spinta offrono maggiori prestazioni?

Effettivamente le reclinate sono pochissime, quelle a due ruote sono più diffuse mentre i trike (a tre ruote) cominciano un po’ adesso.

Le tre ruote, però, per la loro capacità di carico e comodità sono magnifiche.

Nate, a differenza delle handbike, per persone con normale abilità sono utilizzabili anche da parte di chi, come me, ha un’emiparesi o ha difficoltà con la schiena; sdraiati si sta comodi anche per ore.

Con un’estensione di cambi molto forte, tipico delle mountain bike, volendo si può andare in salita lentissimi grazie alla stabilita intrinseca che una bici a due ruote non ha. Una bici a due ruote se va troppo piano… cade!

Si può comunque correre in pianura o discesa.

Anche se molta gente ha qualche timore a sedersi così in basso non bisogna aver paura del traffico. In velocità più si è bassi e più si è sicuri.

La posizione aerodinamica presenta dei vantaggi anche se in salita non si possono avere prestazioni da corsa, un po’ di peso in più e l’impossibilità di alzarsi in piedi fanno perdere una minima percentuale di prestazioni però abbondantemente compensata da altri vantaggi.

Mentre le biciclette tradizionali corrispondono a modelli standard le reclinate sono molto diverse fra di loro e sono alla continua ricerca di miglioramenti.

Se ne volete una, assicuratevi che sia adatta a voi e all’uso che ne vorrete fare.

Luciano De Lorenzi (per gli amici Delo )

Informatico di professione, scout, appassionato di viaggi a piedi e in bicicletta. Nell’inverno del 2011 ha ripercorso le tracce della ritirata degli Alpini dalla Russia nel 1943. Per Terre di mezzo ha pubblicato Camminatori.

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    Pubblica ogni anno più di 100 titoli. Tra le collane principali ci sono: L’Acchiappastorie albi e narrativa per bambini e ragazzi, i Percorsi a piedi e in bicicletta, I Biplani, racconti di grandi autori illustrati da artisti di fama, i manuali creativi delle Ecofficine.
    I primi grandi bestseller sono stati la guida al cammino di Santiago de Compostela e La grande fabbrica delle parole, di Valeria Docampo.
    Negli ultimi anni ha portato in Italia le serie di Dory Fantasmagorica e Cane Puzzone, ha pubblicato più di 40 guide ai cammini italiani e ha dato alle stampe i testi di Paolo Cognetti e Erri De Luca impreziositi dalle illustrazioni di Alessandro Sanna, e di Wislawa Szymborska con Guido Scarabottolo, e Claudio Piersanti con Lorenzo Mattotti.

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