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”Non si vive di soli numeri”

Il boom degli esordienti, grandi gruppi editoriali sempre più grandi e “all-inclusive”, il libro elettronico all’orizzonte: insomma, i temi adatti per una lunga chiacchierata con il numero uno del terzo gruppo editoriale italiano durante un weekend che prometteva neve e, invece, ci ha regalato un cielo di cristallo e un tiepido sole.
Il suddetto numero uno è Stefano Mauri, presidente e amministratore delegato del Gruppo editoriale Mauri Spagnol (Gems): 180 milioni di euro di fatturato a prezzo di copertina nel 2009 e quindici marchi editoriali controllati al 100% o partecipati, direttamente o indirettamente, con quote diverse a seconda dei casi (Longanesi, Guanda, Bollati Boringhieri, Chiarelettere, Garzanti, Salani, Fazi, Laterza…). Con le acquisizioni degli ultimi mesi è riuscito a salire sul podio della produzione libraria tricolore dietro ai gruppi Mondadori e Rcs-Rizzoli Corriere della sera. Un punto di vista interessante, il suo, anche perché Gems è parte di un mondo assai più vasto – quello di Messaggerie Italiane, la holding della famiglia Mauri, colosso da 500 milioni di euro di fatturato – con interessi in tutta la filiera, dalla distribuzione di libri (con Messaggerie Libri è il primo distributore indipendente italiano) e periodici, alle librerie con i Mel Bookstore e la catena Il libraccio (di cui detiene il 50%), alla vendita online con Ibs.it (e se volete approfondire, qui potete scaricare l’organigramma in pdf).

Ma Mauri è anche l’imprenditore che di recente, a proposito di editori e librai indipendenti, ha dichiarato ad Affaritaliani.it: “L’indipendenza è importante. Ed è anche per questo che appoggio la regolamentazione del prezzo di copertina dei libri di cui tanto si parla. Come già accade nel resto d’Europa, anche in Italia va trovata un’intesa in questo senso, e ormai penso che ci siamo vicini. Ogni anno i librai indipendenti perdono 3-4 punti. Molte piccole librerie chiudono. Per il bene di tutti questa tendenza si deve invertire. È positivo che ci siano tanti editori e tanti librai, e non solo grandi gruppi e grandi catene”.

Ecco invece cosa ha raccontato a le parole necessariein un fine settimana di quasi primavera.

Stefani Mauri, partiamo proprio dagli esordienti: negli ultimi 15/20 anni le possibilità di pubblicare il primo libro, quindi di esordire, sono aumentate considerevolmente. Al contempo è aumentato l’interesse per la narrativa italiana. Come spiega questa trasformazione?
Non so se siano aumentate le possibilità di pubblicare il primo libro. Gli editori seri sono più o meno lo stesso numero. Certamente è aumentata la possibilità di lanciare bene un esordiente da subito, sempre che il libro sia bello, per ragioni che spiegherò poi. Quanto all’interesse per la narrativa italiana credo che dipenda da diversi fattori. Innanzitutto i giovani scrittori italiani scrivono più per il pubblico che per pochi critici, come usava una volta tra letterati. C’è più attenzione alla narrazione e all’emotività e meno alla lingua e allo stile. I giovani scrittori sono cresciuti nell’era della fiction. Dunque declinano le loro espressioni in modalità più popolari, cinematografiche. Poi sono cresciuti e hanno successo alcuni format televisivi che parlano di libri: Fazio, Augias etc… La Tv ospita preferibilmente autori che parlano italiano per necessità di scena. In terzo luogo la tradizione bibliotecaria ci rendeva molto diversi da altri Paesi. In Italia si è investito poco in biblioteche e non c’è dubbio che gli scrittori americani e inglesi potevano fare ricerca molto più agevolmente. Bastava consultare una rivista di armi in biblioteca per descrivere in maniera convincente la rivoltella dell’assassino. Oggi internet ci rende tutti più uguali, come la pistola nel far west livellava i torti della natura così internet riduce la disparità di accesso alle informazioni. Così tra romanzi più adatti al gusto del pubblico e consapevolezza crescente si è saldata una maggior fiducia tra i lettori e gli autori italiani. Come dice giustamente Antonio Franchini (responsabile della narrativa italiana di Mondadori, ndr) l’attuale appiattimento sul presente rende meno urgente il requisito culturale, la conoscenza della tradizione, e apre le porte della libreria a scrittori meno colti ma non per questo meno interessanti. C’è di più: la scolarizzazione di massa ha livellato la cultura generale, verso l’alto per molti e, per dar soddisfazione ai tromboni, verso il basso per l’elite. Insomma: non è più la letteratura dall’alto che domina le classifiche ma una letteratura peer to peer, per questo il torneo letterario mette sullo stesso piano lettori e scrittori. Questo forse è l’orizzonte che sta cambiando in tutti i media (internet ma anche certi format televisivi il successo del quotidiano Il Fatto, pubblicato dai suoi stessi giornalisti, prefinanziato dai suoi stessi lettori, il successo in libreria di ‘lettori’ Italiani che si cimentano a scrivere: magistrati, avvocati, funzionari etc…) e che il torneo letterario “Io scrittore” che abbiamo da poco lanciato anticipa anziché inseguire. È un mondo sempre più peer to peer. Internet non uccide gli altri mezzi ma ne trasforma i presupposti. La politica italiana stride perché è più indietro di tutti nel cogliere questa variazione, si arrocca in una casta. Ma verrà prima o poi il nostro Obama, che si farà strada attraverso internet e le sue argomentazioni, non attraverso una partita a scacchi col potere.

Negli ultimi tempi – complici anche alcuni titoli diventati dei megaseller – l’esordiente è diventato quasi un “genere”, e anche i grandi gruppi si sono dati alla ricerca frenetica di prime opere, quando un tempo erano quasi esclusivamente i piccoli e medi editori a fare scouting di questo tipo, mentre i grandi marchi subentravano solo dopo aver individuato l’esordio fortunato (di solito: quello che commercialmente aveva fatto parlare di sé). Oggi anzi in certi casi si assiste a un’inversione di tendenza: si esordisce con un grande, che se va bene manda in libreria anche il secondo libro di quell’autore, e poi, per continuare a pubblicare, ci si sposta verso marchi più piccoli: penso a Giuseppe Genna, per esempio (da Mondadori a minimum fax), ma anche a Laura Pugno (da Einaudi a minimum fax), a Franco Stelzer (da Einaudi a Il Maestrale), a Paolo Maurensig (da Mondadori a Morganti Editori)… Di recente Maurizio Bono su Repubblica ha scritto: “Se si calcola che su una copia l’editore ha un margine di uno-due euro, vuole dire che il secondo libro è un bagno di sangue se non vende almeno 30mila copie, cioè è già un fenomeno da classifica. Se ne vende altrettante un esordiente, invece, è l’affare dell’anno”. 
In occasione di quell’articolo lei ha dichiarato: “Siccome ogni libraio ha un computer, davanti a un secondo libro controlla le copie vendute del primo e ne prende, per sicurezza, qualcuna di meno. Mentre con l’esordiente prenota anche la speranza del successo imprevedibile”.
Cosa sta accadendo? 
Intanto devo dire che libri che vendono meno di 30.000 copie possono dare una grossa soddisfazione all’editore e all’autore, non si vive di soli numeri. Comunque: accade che il libraio riceve decine di venditori ogni mese e deve scegliere tra decine di migliaia di novità quante copie ordinare in prima battuta. Per non sbagliare si affida al computer, al senno di poi. Oggi ce l’ha, ieri non l’aveva. Dunque un autore già pubblicato ha un rating difficile da modificare. Non si ha una seconda occasione di fare buona impressione. A meno di copiare un’autrice inglese che ho conosciuto il cui agente la costringe a cambiare nome ad ogni libro finché non ha successo.
Devo però smentire questa impressione che i grandi editori non ricerchino esordienti. L’hanno sempre fatto. Tutti adorano scoprire un nuovo talento. Se si guardano le classifiche straniere, unico paragone possibile, quasi tutti gli autori bestseller di narrativa sono pubblicati in Italia, spesso dal primo libro, dai grandi gruppi, che li devono comprare prima della pubblicazione nel paese originario. Il nostro gruppo, cresciuto di 18 volte in 20 anni,l’ha potuto fare grazie agli esordienti poi divenuti autori importanti. Michael Crichton nel mondo è stato pubblicato dall’esordio quando era studente alla morte solo dalla Garzanti, Il Dio delle piccole cose di Ahrundati Roy lo comprammo a Chicago per Guanda e ci riuscimmo perché le piacque la Guanda, Luis Sepulveda è stato scoperto in Francia da un piccolo editore e subito acquistato da Guanda, Il profumo di Patrick Suskind lo acquistò Mario Spagnol, grande amante della cultura tedesca, per Longanesi, il primo libro di Harry Potter, benché diverso dalla linea della collana “Gli Istrici” di Salani, fu rapidamente acquistato da Luigi Spagnol con estrema convinzione, prima che gli altri editori Italiani lo potessero leggere, anche se della prima tiratura di 20.000 copie i librai ne restituirono ben 7.000 (oggi ha venduto 1,5 mlioni di copie). Ogni cosa è illuminata, di Jonathan Safran Foer lo comprò Brioschi in un viaggio a New York prima ancora che avesse un editore americano, La cattedale del mare di Ildefonso Falcones l’ho acquistata appena ricevuta sulla base di tre letture sbaragliando le offerte dei concorrenti e imponendomi personalmente a Londra con l’agente (ci credevo così tanto che è uscito con 70.000 copie di prima tiratura), Donato Carrisi l’ho letto in un weekend e il lunedì mattina l’avevo già acquistato, promettendo all’agente il massimo dell’impegno. Promessa mantenuta: nel 2009 è stato l’esordiente italiano più venduto, ora è in classifica anche in Germania. Figlia del silenzio di Kim Edwards l’ho comprato perché trattava un argomento che mi coinvolgeva personalmente e abbiamo venduto 170.000 copie. Caso analogo a un libro che ho comprato ieri. La maggior parte degli autori di successo che pubblichiamo hanno esordito nelle nostre case editrici. Diverso il caso degli esordienti italiani che inviano i manoscritti. Non li mandano a tutti. Non ci hanno mandato  le opere prime di Giordano o Lucarelli o Carofiglio. Non è un mercato professionale e organizzato. Ci sono 8.000 piccoli editori che pubblicano la maggior parte dei titoli, e decine di migliaia di aspiranti scrittori. La rimando a questo proposito alla metafora “astronomica” utilizzata nella presentazione di “Io scrittore” che spiega bene come la penso. Grazie all’esistenza di strutture di distribuzione indipendente assenti negli altri Paesi europei, ai piccoli editori in Italia può succedere, se hanno un buon autore, di scalare la cima delle classifiche. È molto più difficile in Francia, Inghilterra e Spagna.

A proposito del torneo letterario “Ioscrittore”: anche questo vostro progetto sembrerebbe confermare l’interesse per gli esordienti…
“Ioscrittore” è uno strumento nuovo di partecipazione attiva di lettori-scrittori, esordienti e non, che oltre a inviare il proprio manoscritto hanno la facoltà di assaggiare il nostro lavoro, cimentandosi nella valutazione degli scritti altrui, in dosi sopportabili (4 romanzi per ogni turno). Credo che leggere i manoscritti altrui sia un modo per maturare una maggior consapevolezza dei propri pregi e difetti per gli aspiranti scrittori. L’anonimato consente nella prima fase di avere un giudizio obiettivo e non viziato da amicizia da parte degli altri iscritti. E solo l’autore può leggerlo. Alla fine spero proprio che i libri che la rete eleggerà ci spiazzino e ci stupiscano. Tutti dovrebbero provare a scrivere un romanzo. Alcuni hanno un talento innato, per altri è impossibile. È un po’ come essere intonati o no. Non lo si può prevedere, bisogna provarci. Ci sono poche probabilità di averlo ma se si ha successo la vita cambia. Con l’espediente dell’anonimato il torneo letterario potrebbe stanare qualche bravo scrittore che non ha mai fatto l’ultimo miglio, quello che portava il manoscritto ad un editore. Nessun editore primario, di quelli sempre in classifica, si è mai sognato prima di invitare chiunque a mandargli un manoscritto. Ma con un torneo di autoselezione è possibile senza fare promesse impossibili. E chissà che non succeda quel che è successo nel poker: da quando c’è il poker online, ragazzine con l’apparecchio e le lentiggini battono i grandi giocatori texani col sigaro, il look da macho e il cappello da cowboy che vincevano tutti i tornei di Las Vegas. A proposito di internet e pistole… Hanno al nostro concorso già aderito duemila persone da ogni provincia italiana, metà uomini e metà donne quindi con una sovrarappresentanza femminile rispetto a internet. È giusto perché le donne nel nostro mondo sono più attive.

In tema di trasformazioni del settore editoriale negli ultimi anni: da un lato si assiste a un’occupazione sempre più massiccia di spazi (letteralmente: con grandi quantità di libri inviati in un’unica soluzione alle librerie) da parte dei grandi gruppi, con il risultato che molti editori piccoli e medi, quelli che lo scrittore Giulio Mozzi definisce “la coda”, restano fuori dalla distribuzione commerciale o comunque fanno fatica a ritagliarsi degli gli spazi adeguati a sopravvivere; i grandi gruppi diventano sempre più grandi (penso per esempio alle recenti acquisizioni di Gems, ma anche di Giunti) e tendono a controllare l’intera filiera del libro; le librerie, infine, fanno sempre più parte di catene o sono legate alla grande distribuzione. Questa tendenza è inevitabile? Secondo lei quale spazio avranno, da qui in poi, i piccoli e medi editori e le librerie indipendenti? E come potranno sopravvivere?
L’occupazione massiccia di spazi dipende più dalla bontà dell’offerta e dalla credibilità dell’editore che dalle dimensioni. I grandi editori sono tali spesso perché hanno gli autori più popolari. È naturale che i librai ne prediligano l’offerta. Mi dica in quale settore un nuovo arrivato che nessuno conosce può rivendicare un trattamento alla pari rispetto ad una marca consolidata. Quando sono entrato nella Longanesi venti anni fa fatturavamo quanto oggi le Edizioni e/o e vendevamo lo stesso numero di copie (un milione) che oggi vende Fazi. Siamo diventati il terzo gruppo trovando buoni autori e promuovendoli, utilizzando le strutture distributive esattamente come gli altri editori indipendenti clienti di Messaggerie Libri e con le stesse tariffe abbiamo autofinanziato il nostro sviluppo e le acquisizioni. Perciò chiunque poteva farcela al posto nostro. Vero è che in Italia, a differenza di quel che accade in altri Paesi, probabilmente perché il mercato è più piccolo e gli spazi nei centri storici costano, gli stessi editori si sono fatti carico di ammodernare il retail, a cominciare da Feltrinelli e poi, anche per reazione competitiva, gli altri a seguire. Ma non c’è stato un operatore tra i librai che abbia raccolto la sfida per tempo creando una catena moderna, come è accaduto in Francia (Fnac), Inghilterra (Waterstone), Usa (Barnes & Noble e Borders), Germania (Hugendubel). Se gli editori non se ne fossero fatti carico si venderebbero meno libri. Altro discorso è quello della regolamentazione dello sconto. Noi siamo stati sempre favorevoli, è una misura che difende il pluralismo. Dopo di che ci adattiamo alle norme vigenti, dobbiamo competere e garantire il meglio ad autori e lettori. Non è un bene che siano poche teste a decidere preventivamente quale libro si venderà e quale no. È quel che accade in Canada, dove un’unica catena ha il 50% del mercato. Non esiste più il successo spontaneo da passaparola, come è stato qui per L’eleganza del riccioIl cacciatore di aquiloniGomorraAmabili restiTwilight, Stieg Larsson etc… Mi affascinano i successi che stupiscono tutti, a cominciare dal loro editore. 

Lei dice: “Siamo diventati il terzo gruppo trovando buoni autori e promuovendoli, utilizzando le strutture distributive esattamente come gli altri editori indipendenti clienti di Messaggerie Libri (…). Perciò chiunque poteva farcela al posto nostro”. Però, senza nulla voler togliere all’indubbia qualità del vostro lavoro e degli autori che pubblicate, il fatto che Gems sia controllato per oltre il 73,77% da Messaggerie Italiane che a sua volta controlla Messaggerie Libri, ovvero il principale distributore librario italiano, è di certo un vantaggio per il gruppo, che ha più potere di persuasione nei confronti di un libraio rispetto a un qualsiasi altro editore cliente di Messaggerie.
Sono entrato in Longanesi nel 1988 quando il gruppetto (erano 4 case editrici) fatturava complessivamente meno di dieci milioni a copertina. Oggi con Fazi supera i 180 milioni. Come ho cercato di spiegare, le case editrici del gruppo hanno sempre ricevuto il servizio standard di distribuzione (logistica e incasso) da Messaggerie Libri (che è controllata da Messaggerie Italiane, stessa controllante di Gems, dunque Gems non è controllata dalla distribuzione, ne è “sorella”, anzi sorellastra perché abbiamo altri soci). Abbiamo ricevuto lo stesso identico servizio degli altri editori (Messagerie distribuiva in questi anni Feltrinelli, Piemme, Laterza, il Mulino, Carocci, Sellerio) spesso a tariffe anche un po’ più alte degli altri perché essendo controllati dalla stessa società eravamo, come si dice in gergo, captive. Nessuna procedura speciale nell’ambito della logistica e della distribuzione è stata concepita esclusivamente per noi. Senza il nostro crescente apporto la distribuzione per gli altri editori sarebbe certamente più cara e forse meno efficace. Se un libraio non paga un editore distribuito da Messaggerie Libri non riceve più nemmeno i nostri libri. Dunque la forza e la fortuna del nostro gruppo editoriale e dei suoi bestseller sono andate anche a favore degli altri distribuiti.
Capisco che sia difficile da credere, ma nel nostro gruppo distribuzione ed editoria sono sempre stati due settori totalmente separati. Non c’è una persona nell’organizzazione che abbia lavorato mai per entrambe. Tenga conto che il core business di famiglia 20 anni fa era solo la distribuzione, al servizio di editori terzi. Negli altri gruppi l’editore governa il resto dei processi, da noi l’editore utilizza una struttura distributiva che ha sempre avuto la mission di garantire l’accesso al mercato a qualsiasi editore indipendente. Mi rendo conto che i più pensino che magari Longanesi e poi Gems abbiano avuto tariffe e trattamento di favore da Messaggerie Libri, ma non è così. Lo sforzo di Messaggerie Libri è semmai sempre stato quello di adeguare le strutture utili a tutti anche agli impulsi del gruppo Longanesi (poi Gems) aprendo il mercato a tutti i distribuiti.
Quanto alla promozione, dal 1988 Longanesi ne ha una autonoma (la Pro Librodiretta da Giuseppe Somenzi), direttamente dipendente dalla casa editrice. Ed è la rete di vendita, insieme agli editori che rappresenta, ad avere o meno forza di persuasione in libreria, la distribuzione ha questa forza di persuasione solo sull’incasso, ma questa in Messaggerie Libri è uguale per tutti. Dal 1992, anno nel quale sono diventato direttore generale di Longanesi, l’azionista Messaggerie non ha mai versato una lira o un euro di finanziamento a Longanesi e poi a Gems.

Per chiudere: si parla molto di e-book, ma in Italia stentano a decollare e anche negli States (dove pure se ne vendono più che da noi) il primato resta alla carta. Si possono azzardare previsioni? Arriverà il giorno in cui leggeremo I Fratelli Karamàzov sul telefonino o sull’e-book reader? E voi come vi state preparando a questa eventualità?
Innanzitutto già c’è chi legge libri sul telefonino, anche se per ora si tratta di pionieri con una vista molto buona. Non c’è dubbio che questa modalità di distribuzione del libro si farà piano piano strada fino ad assumere una quota importante. Per quel che ci riguarda stiamo studiando il problema da due anni e vorremmo affrontarlo più bene che in fretta, considerato che avremo a che fare con competitor internazionali di enorme calibro che non sempre hanno a cuore l’ecosistema culturale che produce il sapere, i suoi diritti, frutto di una lunga e delicata evoluzione, e il pluralismo, che invece noi vogliamo difendere e proteggere. Anzi più spesso hanno ambizioni imperialiste e totalitarie e secondi fini quali la pubblicità, il traffico per sé o la vendita di hardware. È anche normale che una nuova tecnologia porti dei cambiamenti, che la pirateria ponga il problema e che ci si ritrovi poi con regole nuove capaci di contemperare le diverse esigenze. Spero solo che i politici siano all’altezza del compito che li aspetta. Ma se dovessi scommettere su chi venderà più e-book non posso che pensare a Ibs, il negozio online, parte del nostro gruppo, frequentato dal maggior numero di acquirenti di libri italiani. Soprattutto perché ha cominciato per primo undici anni fa e ha sempre mantenuto un ottimo livello di servizio, anche nei primi anni nei quali regolarmente il bilancio soffriva. Insomma, i libri, diversamente da altre parti del Paese, sono ancora un ambito civile ferocemente meritocratico dove alla fine vincono le proposte che piacciono ai lettori, dove le molte idee contano più dei pochi soldi. Grandi e piccoli editori lo sanno benissimo e fanno del loro meglio. 

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    Terre di mezzo editore è una casa editrice fondata a Milano nel 1994.
    Pubblica ogni anno più di 100 titoli. Tra le collane principali ci sono: L’Acchiappastorie albi e narrativa per bambini e ragazzi, i Percorsi a piedi e in bicicletta, I Biplani, racconti di grandi autori illustrati da artisti di fama, i manuali creativi delle Ecofficine.
    I primi grandi bestseller sono stati la guida al cammino di Santiago de Compostela e La grande fabbrica delle parole, di Valeria Docampo.
    Negli ultimi anni ha portato in Italia le serie di Dory Fantasmagorica e Cane Puzzone, ha pubblicato più di 40 guide ai cammini italiani e ha dato alle stampe i testi di Paolo Cognetti e Erri De Luca impreziositi dalle illustrazioni di Alessandro Sanna, e di Wislawa Szymborska con Guido Scarabottolo, e Claudio Piersanti con Lorenzo Mattotti.

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