La prima volta che Alfonsina monta su una bicicletta, deve arrampicarsi sui pedali per raggiungere la sella. È solo una ragazzina e il suo papà ha comprato una bici per uomini adulti, arrugginita e vecchia.
Alfonsina è nata nel 1891 in una famiglia di braccianti emiliani.
A quei tempi sono davvero pochi i bambini che possono avere una bicicletta, e Alfonsina si considera fortunata. Ben presto si accorge che le piace tantissimo scorrazzare tra le strade di campagna. A tredici anni comincia a partecipare a qualche gara, ma senza dirlo ai genitori. Ci va di nascosto. La scoprono solo quando vince e porta a casa il premio.
Da allora Alfonsina affronta gare sempre più impegnative. Nel 1911, a Moncalieri, stabilisce il record mondiale di velocità femminile. È la prima donna a correre al Giro di Lombardia e, pur arrivando ultima, riceve i complimenti dei campioni di allora.
Ma la grande impresa di Alfonsina è la partecipazione al Giro d’Italia del 1924. Suo marito si era ammalato e lei doveva pagare la retta dell’istituto dove era ricoverato: quella competizione, che ancora oggi è la più importante nel nostro Paese, era l’occasione per guadagnare un po’ di soldi. La sua iscrizione al Giro non viene subito accettata, perché di solito i corridori erano solo uomini. Lei insiste e alla fine il direttore della “Gazzetta dello Sport” (il giornale che organizza la gara) acconsente.
Il 10 maggio alla partenza della prima tappa, Milano-Genova, il pubblico si accorge che tra i ciclisti c’è una donna. C’è chi ridacchia, chi si scandalizza e chi, pur sorpreso, prova simpatia per lei. Strada facendo Alfonsina, con il numero 72 cucito sulla divisa nera, conquista il pubblico grazie alla sua grinta e alla sua tenacia. Nelle tappe successive, al suo passaggio centinaia di persone la incoraggiano e al traguardo le donano fiori, cibo e offerte in denaro. Anche il re, Vittorio Emanuele III, le invia un mazzo di rose. Le tappe sono durissime, arriva quasi sempre ultima. All’ottava tappa, L’Aquila-Perugia (296 chilometri), le si rompe il manubrio, che sostituisce con un pezzo di manico di scopa. Raggiunge il traguardo con quattro ore di ritardo dal vincitore. Per il regolamento è fuori tempo massimo e viene quindi esclusa dalla competizione. Le consentono di continuare il Giro, ma fuori classifica.
Alfonsina non si arrende e il primo giugno, dopo 3.612 chilometri, fa il suo ingresso trionfale al Velodromo Sempione di Milano dove si conclude il Giro d’Italia. È tra i 30 corridori che ce l’hanno fatta. Erano partiti in 90.
L’epopea di Alfonsina Strada è raccontata in un albo firmato Joan Negrescolor: Alfonsina corre. La storia vera di una ciclista coraggiosa.