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Quasi quasi fondo una chiesa

A ritmo di rock e alleluia, nuovi pastori infervorano i fedeli in cortili e seminterrati.

I cortili di via Padova e dintorni riservano sempre sorprese. Provate ad andare una domenica in via Arqua 15: dalle 8 alle 20 è un via vai di predicatori e fedeli. Quelli che una volta erano magazzini e depositi sono diventati i templi di sei chiese evangeliche, di cui cinque fondate da immigrati: nella “Iglesia de la Palabra viva international” pregano peruviani ed ecuadoriani, nella “Gesù è il Signore per tutte le nazioni” (Gsn) si ritrovano russi, ucraini, moldavi e chiunque sia originario degli ex Paesi sovietici. Cantano a squarciagola anche i filippini della “Church international christian ministry” e i fedeli dell’unica enclave italiana, “Vivere in Cristo”, che al termine della loro celebrazione cedono lo spazio ai fratelli ghanesi e nigeriani.

L’inchiesta del numero di febbraio di Terre di mezzo – street magazine parte anche dal cortile di via Arqua per indagare “Le nuove vie del Signore”: le chiese si svuotano e ci si affida a parchi tematici, ai dettami del marketing e della pubblicità per recuperare le pecorelle smarrite o trovarne di nuove. Nell’inchiesta non ci occupiamo solo delle chiese fondate da immigrati. A Sulmona, in provincia de L’Aquila, è in progetto per esempio la costruzione del primo parco religioso d’Italia: i visitatori potranno riscoprire la figura di Gesù in un ambiente che riproduce alcuni aspetti della vita di duemila anni fa. C’è poi chi predica sulle spiagge con una chiesa gonfiabile e chi disegna santini manga. Da leggere insomma.

Ma torniamo in via Arqua a Milano. “Tra queste chiese non c’è molta differenza dal punto di vista religioso, siamo tutti cristiani pentecostali”, spiega Juri Jizdan, immigrato russo che nel 2002 ha fondato, insieme al fratello Vitali, la chiesa Gsn, un migliaio di fedeli solo a Milano. “Cambia l’appartenenza culturale e etnica: ciascuno preferisce andare dove trova persone che parlano la sua stessa lingua”, dice il pastore, che per sopravvivere fa l’imbianchino part-time.

Queste nuove comunità, che prendono ispirazione da realtà diffuse in America e Asia, sono arrivate o sono nate in Italia negli anni Novanta. C’è chi le chiama sette, in senso dispregiativo, ma gli studiosi preferiscono parlare di “chiese alternative”. “Difficile dire quante siano -ammette Massimo Introvigne, direttore del Centro studi nuove religioni (Cesnur)-. Se consideriamo le principali denominazioni, sono oltre cento e coinvolgono tra i 70 e gli 80mila stranieri in Italia”. Ma secondo Juri Jizdan “ce ne sono almeno 200 solo a Milano e provincia”, magari composte da qualche decina di credenti, che sfuggono a qualsiasi studio e  catalogazione.

Chiese dai nomi lunghi e fantasiosi, fondate da persone assolutamente normali che, pur non avendo una formazione teologica, nel fine settimana infiammano seminterrati e vecchi magazzini di periferia. “In rari casi ricevono aiuti dall’estero -aggiunge Introvigne-: si basano semmai sulla buona volontà dei pastori, loro stessi immigrati, che hanno deciso di guidare una comunità religiosa”. Come la coppia di filippini Beatriz e Mauricio De Lara, che tre anni fa hanno dato vita alla “Church international christian ministry”. “Abbiamo ricevuto da Dio un messaggio: ci chiedeva di fondare  una chiesa” spiega Mauricio, che per 18 anni ha fatto l’operaio e ora si dedica a tempo pieno al  nuovo ruolo, mantenendosi grazie alle offerte “dei fratelli e delle sorelle” (qualche centinaio), mentre la moglie continua a lavorare come badante. “Non è facile -prosegue-, ci sono tanti problemi economici, ma è Dio che ci dà la forza di continuare”. Nella sala adebita alla preghiera, non ci sono altari ma solo strumenti musicali, un leggio e una cinquantina di sedie in plastica. Alle pareti, lunghe tende verdi, rosse e blu e qualche frase di Gesù in tagalog (la lingua nazionale, ndr). Grandi assenti, le immagine sacre. “Il rischio è che si finisca per adorare loro e non il Signore”, spiega gentile Beatriz.

Nella porta accanto, il pastore della comunità argentina, in gessato grigio e cravatta rosa, impone le mani sulla testa dei propri fedeli: qualcuno si accascia, come fosse in trance, per poi rialzarsi qualche minuto dopo e continuare a pregare.

Ogni chiesa evangelica che si rispetti, poi, ha band e coristi. I sermoni sono intervallati da invocazioni e preghiere in un crescendo di “Alleluia!”, “Gesù è grande!”, “Sei il mio Pastore!”; e, tra testimonianze e canzoni in stile rock, pop o gospel, le funzioni arrivano a durare fino a quattro ore. “Gridiamo perché nella Bibbia c’è scritto che il popolo invoca Dio ad alta voce. Chiediamo la sua presenza in mezzo a noi” dice Junior Serpa, brasiliano, che guida i duecento della “Chiesa ravvivamento della fede”, in via Teocrito, zona Gorla. Seduti di fronte a lui, non solo carioca, ma anche cinesi, colombiani ed egiziani.

Stessa zona, poco distante. Daniele Kim, sudcoreano dai modi pacati, ha lasciato il suo Paese “per creare nel mondo comunità di cristiani”. La sua chiesa è senza nome: “Le prime comunità si distinguevano per il luogo in cui erano nate: Salonicco, Cirene -spiega-. Noi ora siamo cristiani di Milano”. Con il suo completo nero, predica in italiano e accoglie i fedeli  in un seminterrato. “La fede ringiovanisce, ridete e starete meglio. Non abbiate paura”, ripete. Sui suoi volantini affissi nel quartiere, si legge: “Sei solo? Vieni al gruppo biblico. Tutto gratis”.

Di me tempo fa ho scritto: "Cammino molto e sono un giornalista. Le due cose si sposano bene, perché mi piace l'idea che un giornalista debba consumare le suole delle scarpe". Ora giro per Milano anche in bici e quindi consumo pure i copertoni. Scrivo su Redattore Sociale e mi trovate su Facebook.

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    Pubblica ogni anno più di 100 titoli. Tra le collane principali ci sono: L’Acchiappastorie albi e narrativa per bambini e ragazzi, i Percorsi a piedi e in bicicletta, I Biplani, racconti di grandi autori illustrati da artisti di fama, i manuali creativi delle Ecofficine.
    I primi grandi bestseller sono stati la guida al cammino di Santiago de Compostela e La grande fabbrica delle parole, di Valeria Docampo.
    Negli ultimi anni ha portato in Italia le serie di Dory Fantasmagorica e Cane Puzzone, ha pubblicato più di 40 guide ai cammini italiani e ha dato alle stampe i testi di Paolo Cognetti e Erri De Luca impreziositi dalle illustrazioni di Alessandro Sanna, e di Wislawa Szymborska con Guido Scarabottolo, e Claudio Piersanti con Lorenzo Mattotti.

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