Intorno a tre grandi vassoi di cous cous, il racconto di chi abita nell’ex Jolly Inn.
Come promesso Hafida ha preparato il cous cous, di due tipi: uno con verdura e carne, l’altro con la frutta secca. Domenica 23 gennaio nell’ex residence Jolly Inn di via Cavezzali, c’è stato un piccolo banchetto, con cui Hafida e suo marito Babzein hanno voluto ringraziare i vicini di casa e i militanti del comitato antirazzistaper la solidarietà che hanno dimostrato loro lunedì scorso: sono sotto sfratto e la presenza di tante persone ha scongiurato l’arrivo dell’ufficiale giudiziario (vedi post precedente).
Alcune vicine hanno aiutato Hafida: hanno preparato insieme tre crostate e allestito, al secondo piano, la tavolata nell’ottagono da cui partono i tre corridoi lungo i quali ci sono i monolocali. Chi passava poteva accomodarsi. Ho conosciuto alcuni degli inquilini di questo palazzo di volta in volta definito da giornali e tivù “fortino degli immigrati”, “cancro per tutta la città”, “casba milanese”. Nel 2006 una guardia giurata che controllava lo stabile ha ucciso un inquilino magrebino. Settimana scorsa un commerciante mi ha detto: “Non ci vada in quel palazzo, è pericoloso”.
In quei monolocali (circa 550 euro di affitto al mese per 20 metri quadrati) ciò che accomuna stranieri e italiani è la precarietà e la paura di ritorsioni da parte delle immobiliari che gestiscono il palazzo. Tutti mi hanno chiesto di mantenere l’anonimato. A. viene da Napoli, ha un contratto di bidella in una scuola milanese fino a giugno: “Sto cercando una nuova sistemazione, qui proprio non mi trovo bene”. S., anche lei italiana, ci vive da due anni, è una commessa ma in questo periodo è senza lavoro: “Ho trovato su internet un annuncio che proponeva monolocali in un residence. Solo poi mi sono resa conto in che posto ero finita: non c’è acqua calda, né riscaldamento. Ho dovuto comprare una stufa elettrica e il boiler. La bolletta della luce arriva anche a 400 euro”. M., marocchino, è in Italia da cinque anni: “Non ho un lavoro fisso, faccio quello che capita”.
Nell’ex residence ci sono 194 piccoli appartamenti di proprietà di diverse immobiliari. Spesso si tratta di scatole cinesi. C’è chi ha firmato il contratto con un’immobiliare, ma la caparra ha dovuto versarla sul conto di un’altra. Da un po’ di mesi, però, sulle ricevute delle bollette d’affitto c’è il nome di una terza società.
Al momento di tagliare la torta da uno degli appartamenti spuntano due bambini magrebini. Mangiano la loro fetta e subito tornano nella loro casa seguiti dagli altri bambini. Hanno un tesoro da mostrare: un coniglio bianco.