La tivù sempre accesa su Al Jazeera, col pensiero ai parenti che rischiano la vita.
Nei kebap, nei phone center e anche nelle macelleria islamiche di via Padova c’è quasi sempre una tivù accesa su qualche canale arabo. Ma da quando è scoppiata la rivolta in Egitto, sono sintonizzate solo su Al Jazeera. Lo sguardo è rivolto verso l’alto dove è posizionato il televisore e il pensiero è per i parenti che vivono al Cairo.
Da Karbush, il kebap che è all’angolo fra via Padova e via dei Transiti, Hamed, 60 anni, vestito con un elegante completo grigio come i suoi capelli, guarda assorto la diretta dalla piazza Tahrir: “Il problema è che ora Mubarak non può andarsene, c’è troppo caos, ci vuole una fase di transizione”. Ma è l’unico a pensarla così. Mohamed, 40enne, accusa: “Ho una sorella che vive al Cairo e mi ha raccontato che il regime ha liberato decine di detenuti per mandarli nelle strade a creare disordini e reprimere le manifestazioni”.
Di fronte alla palestra di via Cambini, dove al venerdì si tiene la preghiera perché nel garage del Centro islamico di via Padova non ci stanno tutti, Hasan racconta: “È da tre giorni che mio fratello è nella piazza Tahrir, lo chiamo spesso per sapere come sta. Ha paura, ma dice che sono tantissimi e uniti. Mubarak può solo fare una cosa: dimettersi”.
Oggi pomeriggio in piazzale Loreto si sono dati appuntamento circa 300 egiziani per manifestare la loro solidarietà ai connazionali che stanno vivendo ore drammatiche. “Mubarak vattene” lo slogan più ripetuto. Su una grande bandiera egiziana hanno scritto: “Ci piacerebbe essere con voi”, rivolto alle migliaia di persone che in questi giorni hanno manifestato e lottato in Egitto.
Il corteo, organizzato da Comunità egiziana a Milano, Comitato immigrati a Milano e Confederazione unitaria di base (Cub), intorno alle 15.30 si è incamminato verso la Stazione Centrale. “Siamo preoccupati per i nostri familiari: stanno chiusi in casa o rischiano la vita ogni volta che escono -racconta Samy, 30 anni, receptionist in un albergo di Milano-. I miei genitori e i miei fratelli vivono lontano dal centro, ma per qualche giorno nel quartiere giravano brutti personaggi che minacciavano e derubavano le persone. Un gruppo di uomini, tra cui mio fratello, ha organizzato allora una ronda per difendere la gente”. Samy è comunque ottimista. “È un momento importante per l’Egitto: per la prima volta da quando sono nato sento parlare di elezioni democratiche”.