Ci sono due americani, uno svizzero, un tedesco e un francese che decidono che tipo di peperone possiamo mangiare. E purtroppo non è l’inizio di una barzelletta, perché nel mondo sono solo cinque le multinazionali che controllano la produzione di sementi: Monsanto e Dow (Usa), Syngenta (Svizzera), Bayer (Germania) e Du Pont (Francia). I contadini possono coltivare e commercializzare solo frutta, ortaggi e cereali a partire da semi autorizzati dalle leggi nazionali, cioè quelli brevettati dalle “cinque sorelle”. In realtà c’è chi cerca di opporsi all’oligopolio dei semi: sono i piccoli produttori che tengono in vita varietà a rischio d’estinzione come i peperoni di Carmagnola (il Quadrato e il Corno di Bue), il mais nostrano di Storo e il Rissone, cioè il sedano dorato di Asti. Varietà locali, non appetibili al mercato agroalimentare perché poco produttive.
In Italia la legge quadro del settore, la numero 1096 del 1971, in effetti prevede che anche gli agricoltori possano selezionare, riprodurre e commercializzare semi, ma solo quelli da conservazione”. A distanza di 42 anni, purtroppo, manca ancora il decreto attuativo che renda effettivo questo diritto, salvando la biodiversità agricola del Belpaese. Per questo la Rete semi rurali, con il sostegno delle ongAcra e Crocevia, ha lanciato la campagna “Semi locali, semi legali” con cui invita i cittadini a scrivere al Ministero delle politiche agricole e forestali perché emani il tanto sospirato decreto. “Lo strapotere delle multinazionali va rotto partendo dal basso, dai piccoli produttori -sottolinea Giuseppe De Santis di Acra- Ricordiamoci che chi controlla le sementi controlla cosa mangiamo”. Il testo da inviare all’indirizzo mail cosvir9@mpaaf.gov.it è: “Semi locali, semi legali! Anch’io voglio il decreto previsto dall’art 19-bis della legge 1096/71 – www.farmerseeds.org”.